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Astrologia e Scienza I: Dalla parte di Keplero

Aggiornamento: 12 set 2022

 

Articolo di Massimo Moras


Tutti sanno che il sistema eliocentrico, che pone il Sole al centro del sistema di orbite dei pianeti, ebbe sulla storia del pensiero scientifico un impatto paragonabile ad un’autentica rivoluzione. Meno noto è il fatto che furono proprio gli astrologi dell’epoca ad incoraggiare le ricerche di Copernico (1473-1543) e che lungi dal rallentarne il successo, anzi lo favorirono presso gli ambienti scientifici che erano ancora molto aderenti al principio d’armonia cosmica, un secolo prima che la nozione successiva di universo disperdesse il senso e le sfide di quella di cosmo.


Ma come si poneva la nuova cosmologia eliocentrica di fronte al pensiero astrologico tradizionale? Johannes Keplero (1571–1630) risolse la questione paragonando l’astrologo al contadino che non si chiede come arrivino l’estate o l’inverno, ma gli basta sapere che arrivano e in base a questo si regola. Che fossero i cieli o la Terra a muoversi, dunque, poco importava. Nel suo Mysterium cosmographicum, Keplero distingueva inoltre fra l’astrologia superstiziosa e l’astrologia vera, o scientifica, basata sull’esperienza, riconoscendo la dignità dell’astrologia competente e allontanando da sé il rischio di essere confuso con un volgare ciarlatano di piazza.

Il concetto di ciclicità propugnato da Keplero è un aspetto fondamentale del fatto astrologico e  rappresenta ancora oggi uno snodo cruciale nella ricorrente polemica anti-astrologica. L’uomo infatti, secondo l’astrologo e studioso moderno Sementovsky-Kurilo, non verrebbe “… al mondo in una composizione fisiochimica determinata essenzialmente dall’intervento diretto d’influssi astrali o raggi cosmici […] Si trova piuttosto inserito in un determinato moto ciclico e vi rimane inserito per tutta la durata della vita, subendo invariabilmente le oscillazioni dovute al coordinamento unico nel suo genere delle corrispondenti forze cosmiche”[1]. In altre parole, anche se l’astrologia si avvale dell’astronomia, essa necessita di un tipo di approccio e di logica differenti, dunque di un processo conoscitivo sostanzialmente estraneo ai metodi delle scienze fisiche e più vicino a quello dell’arte, della metafisica e della spiritualità.

La sottolineatura del ruolo degli aspetti, in quella che potremmo definire la neoastrologia kepleriana, si lega al motivo filosofico che ispira la rilettura del tema dell’influsso astrale. Riprendendo una tesi classica del neoplatonismo antico e rinascimentale, presente anche in Paracelso, Keplero respinge infatti l’idea che i corpi celesti esercitino un influsso fisico sull’uomo; gli astri sono segni, non cause, proclama, riproponendo la classica posizione di Plotino. Di qui la tesi per la quale gli effetti astrali si riconducono non all’azione attiva dei pianeti, bensì piuttosto alle modalità, individualmente sempre diverse, delle reazioni di ogni singola anima alle proporzioni armoniose (ovvero gli aspetti) degli angoli con i quali i raggi della luce celeste colpiscono la Terra“. [2]

Se infatti, insieme all’astrologo contemporaneo Stephen Arroyo, consideriamo il nostro sistema solare “… come un sistema completo e organizzato di energie, ritmi, funzioni e così via, ne segue allora che ogni sistema organico all’interno di quello più grande ha qualche armonica relazione con il resto del sistema. In molte culture antiche, i filosofi, i saggi e gli astrologi hanno definito tutto ciò la ‘relazione del microcosmo con il macrocosmo’”.[3]


La figlia folle dell’astronomia


Tutti gli antichi astronomi, compreso Galileo Galilei (1564-1642), facevano oroscopi per ‘sbarcare il lunario’. Lo stesso Keplero ne faceva per vivere e arrivò addirittura a definire l’astrologia come la figlia pazza dell’astronomia che tuttavia manteneva sua madre. In epoca rinascimentale, infatti, l’astrologia rappresentava la summa di tutte quelle conoscenze umane che oggi potremmo definire a vario titolo psicologiche, filosofiche, mediche e sociali; tutti strumenti fondamentali che permettevano agli uomini di cultura dell’epoca di riflettere su se stessi e comprendere la natura del loro contesto storico socio-economico e politico.

Più che teorici di procedure matematiche, gli astrologi – vecchi e nuovi – sono abili interpreti delle angosce e delle necessità dei loro clienti. La mancanza di riferimenti di tipo psicologico nell’attività astrologica di Galileo può avere varie spiegazioni. Una è che si sia interessato unicamente agli aspetti formali dell’astrologia, solo per metterla alla prova. […] Forse il matematico pisano scoprì che l’astrologia non era riconducibile a un modello meccanico, perché non era altro che intuizione e buon senso, da esporre con sottile ambiguità per mettersi al riparo da previsioni errate”.[4]

Il metodo sperimentale inaugurato da Galileo segnò l’inizio della polemica anti-astrologica in chiave scientista che, nel contesto culturale moderno, ha raggiunto vertici di inaudita astrofobia. Negli ambienti scientifici accademici contemporanei l’astrologia è deprecata, i suoi principi negati e le sue pratiche disprezzate. Basti citare, come esempio, il tono delle invettive che un libro recentemente ‘sponsorizzato’ dal CICAP [5] nel suo sito web riserva alla pratica astrologica, definita dall’autore una “perfetta combinazione tra olio di gomito, olio di ricino e olio santo che insieme lubrificano a meraviglia le nostre speranze, le nostre trovate e i nostri trucchi”. Gli astrologi sarebbero di volta in volta “profeti della sfiga” , “veggenti autoreggenti”, “maestri della malora” nonché “imbonitori parascientifici, paranoici, parolai e paraculi”. Per colpa del rinnovato interesse verso l’astrologia, inoltre, considerata un “grande spettacolo oscurantista e sostanzialmente voodoo, […] dopo le faticosissime conquiste dell’Illuminismo stiamo letteralmente annullando oltre due secoli di crescita civica, scientifica e culturale”.[6]


Verrebbe da dire, con Arroyo, che questi fanatici dell’anti-astrologia sembrano soffrire di “un tipo di superstizione che apparentemente condannano, perché hanno permesso che opinioni determinate dalla paura si sostituissero alla conoscenza”[7]. Ma di quale paura si tratterebbe? Di venire defraudati del monopolio della conoscenza che l’ideologia scientista rivendica arbitrariamente per sè, ad esempio. Ma anche paura che la popolarità del racconto astrologico, vivo oggi come da più di due millenni, oscuri le pretese della tanto decantata obiettività scientifica, questa ‘soggettività degli scienziati’, come opportunamente la definisce Patrice Guinard nel suo Manifesto, in cui si legge, tra l’altro: “La ricerca scientifica si basa su una prassi socioculturale istituzionalizzata e su un consenso ideologico che essa stessa influenza. Si iscrive in un sistema di valori e di credenze collettive: ieri la teoria dell’etere, oggi quella del Big Bang […] Da questo punto di vista, la razionalità scientifica non è più “oggettiva” della cosmologia sumerica, o della mitologia bantu. Come qualsiasi conoscenza, è in parte un ‘romanzo’, una presunzione dello spirito umano, un manufatto della coscienza”.[8]


In conclusione di questa prima parte, a dimostrazione che un dialogo costruttivo e senza pregiudizi tra astrologia e astronomia è non solo possibile ma anzi auspicabile, riportiamo quanto scritto da un astronomo scettico ma illuminato su questo tema, sperando che possa essere di monito a tutti coloro che vorranno cimentarsi nell’impresa di coniugare le due istanze per il bene della conoscenza. Scriveva, dunque, Giorgio Buonvino, astronomo e collaboratore della Specola Vaticana: “Uno studioso serio dovrebbe astenersi da affermazioni preconcette, ben sapendo, sempre che se ne ricordi, che le negazioni di oggi saranno spesso le affermazioni di domani, e dovrebbe quindi restare aperto ad ogni possibilità. D’altra parte se non si può usare, nel caso dell’astrologia, il metodo sperimentale, instaurato da Galileo e rivalutato dall’Accademia del Cimento col suo famoso: «provando e riprovando», si può sempre procedere per convergenza di prove, con metodi statistici. Sono lunghi, lenti e costosi, è vero, ma pensate che un grande telescopio, gli edifici necessari, la strumentazione ausiliaria e l’equipe di tecnici e scienziati necessaria per mandarlo avanti costi poi di meno?”[9]



Bibliografia


5) Il CICAP è un’organizzazione educativa e senza finalità di lucro, fondata nel 1989 per promuovere un’indagine scientifica e critica sul paranormale e le pseudoscienze. Fa parte dell’European Council of Skeptical Organizations.

7) Arroyo, cit., p. 26

8) Patrice Guinard, Il Manifesto, http://cura.free.fr/cura2/904m-it1.html

9) AAVV, Per una rifondazione dell’astrologia (Edizioni Ricerca ’90, Napoli, 1993, a cura di Ciro Discepolo), p. 30


 



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