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Astrologia e Scienza II: Le obiezioni degli astronomi

Aggiornamento: 12 set 2022

 

Articolo di Massimo Moras


Abbiamo visto, nella prima parte di questo approfondimento su Astrologia e Scienza, che lo scetticismo nei confronti della nobile arte di interpretare le stelle può assumere vari aspetti, che vanno dalle forme più acute di fanatismo anti-astrologico, per cui gli oroscopi non sarebbero altro che “… un’arrugginita scatola dei ferri per trasmetterci il tetano dell’inerzia e della rassegnazione”[1], all’apertura degli astronomi più illuminati per i quali “… nessuno studioso serio può negare o affermare quello che non conosce o non ha indagato: potrà solo dire se ha o no elementi per affermare o negare, e sempre con molta prudenza”[2].


Passeremo ora quindi in rassegna le principali obiezioni che gli astronomi, impegnati nel compito socialmente utile di porre un freno “… alla esagerata ed ingiustificabile diffusione di oroscopi ed esibizioni di presunte arti magiche”[3], contestano alle basi considerate pseudo-scientifiche dell’astrologia tradizionale.

Innanzitutto gli astronomi tengono a farci sapere che ”le ‘Costellazioni’ zodiacali sono tredici e non dodici, che le effemeridi astrologiche non corrispondono a quelle astronomiche a causa della Precessione degli equinozi [4]. Vero. Infatti già l’astronomo, geografo, matematico e filosofo greco, Gemino da Rodi, vissuto nel I secolo a.C. (autore del più vecchio trattato completo d’astronomia conservato finora) sottolineava che le stelle fungono soltanto da riferimenti, da marcatori temporali, e non da agenti influenti. Sostenere l’influenza delle costellazioni sarebbe dunque un errore e l’obiezione priva di fondamento “… sia perché si basa sul presupposto – falso – che le costellazioni abbiano dato il nome ai segni, mentre tutto fa credere il contrario, sia perché la coincidenza perfetta non ci fu mai, in alcun momento della storia, per essere, le costellazioni, quale più, quale meno estesa di trenta gradi, a volte poi sfuggenti a nord della fascia, a volte a sud.”[5]


Fu l’astronomo greco Ipparco di Nicea (200-120 a.C.) che, scoperto il fenomeno precessivo dell’asse terrestre in virtù del quale il Sole, nel suo moto apparente, anno dopo anno non si trova più di fronte allo stesso grado di Zodiaco siderale dell’anno precedente (spostamento pari a 30° ogni 2160 anni circa), decise di fissare l’inizio dello zodiaco in corrispondenza del punto vernale, noto anche come punto equinoziale di primavera, facendo riferimento così ad uno zodiaco tropico, fondato sulla divisione in tre segni di ciascuno dei quattro quadranti delimitati dalle intersezioni dell’eclittica e dell’Equatore celeste.

Quando nel bimillennio precedente la nascita di Cristo l’astrologia iniziò a strutturarsi, la costellazione dell’Ariete era in direzione del Sole all’equinozio di primavera. Oggi il punto gamma (zero gradi Ariete) dell’eclittica si trova puntato tra il primo grado dei Pesci e il trentesimo dell’Aquario […].In seguito gli astrologi ritennero di dover cercare il riferimento con l’«alto» non già nelle costellazioni fisse, ma in quelle zone di spazio, comprese tra la Terra e queste ultime, che nei vari periodi dell’anno ospitano il Sole. Queste zone che sono i segni dello Zodiaco, furono suddivise di trenta gradi in trenta gradi e continuarono a portare il nome delle costellazioni a cui erano state intitolate a solo titolo simbolico”.[6]


La forte valenza simbolica del disegno stesso dello Zodiaco, con la sua sorprendente regolarità geometrica di dodici archi uguali, di trenta gradi ciascuno, trascende dunque la sua parentela con la realtà astronomica. “La proiezione dello Zodiaco”, scriveva Mario Zoli, “ha le caratteristiche tanto dell’estrema regolarità, quanto dell’immutabilità, quanto dell’inclusione entro una struttura unitaria di dodici figure legate al moto del Sole, e tutte della medesima importanza […]. Idee di una natura aggressiva, immediata, forte e prontamente reattiva fecero sì che in una certa parte del cerchio si volesse vedere un ariete, e non già un canneto, perché quella figura e non un’altra era il referente migliore, e semplicissimo, di tutti quei concetti”. [7]


E’ dunque il simbolico l’essenza stessa dell’astrologia, la sua anima, non riconducibile a calcoli matematici e purtuttavia aperta alla possibilità di essere tradotta ed espressa nel linguaggio della scienza. L’astrologia, scrive Guinard, “è una concezione del reale circoscritta da una doppia esigenza, razionale e spirituale. Si spiega in questa via di mezzo, tra la presa in considerazione dei dati astronomici e la convinzione di un’armonizzazione della psiche con il suo ambiente astrale immediato. È per questo che non è stata mai ‘confutata’ dalla scienza. L’astrologia viene combattuta, non perché sarebbe un falso sapere o una cattiva metafisica – le società moderne e le loro istituzioni ne abbondano – ma precisamente perché è la sola metafisica viva capace di dissolvere l’unilateralità della coscienza moderna e di ordinare la molteplicità caotica delle sue conoscenze”.[8]



Bibliografia


2) Intervento di G. Buonvino in AAVV, Per una rifondazione dell’astrologia (Edizioni Ricerca ’90, Napoli, 1993, a cura di Ciro Discepolo), p. 30

3) Lettera aperta sull’eccessiva diffusione dell’astrologia – A cura della U.A.I. – Unione Astrofili Italiani – 2004

4) Obiezioni all’astrologia – A cura della U.A.I., cit.

5) Mario Zoli, Il simbolo come essenza dell’Astrologia, in AAVV, Per una rifondazione dell’astrologia, op. cit., p. 188

7) M. Zoli, in AAVV, Per una rifondazione dell’astrologia, op. cit.

8) P. Guinard, Il Manifesto, http://cura.free.fr/cura2/905m-it3.html


 


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